Due anni d'indagine della Mobile. Coinvolte 100 persone, 11 arresti, tra cui De Tomasi, esponente della banda della Magliana e finito. Una holding familiare con i soldi nascosti nel cuscino. Legami con il caso Orlandi
Era un giro di usura con un centinaio di vittime, tra cui medici, imprenditori, commercianti e personaggi dello spettacolo quello sgominato dalla squadra mobile di Roma. Le indagini, durate quasi due anni, hanno permesso di ricostruire l'impressionante giro di affari che ruotava prevalentemente intorno alla famiglia di Giuseppe De Tomasi, detto "Sergione", esponente nel 1970 della Banda della Magliana, che si può quantificare in movimenti di denaro per oltre 100.000 euro a settimana. Sequestro di 10 immobili, 9 società, 12 automezzi e 3 circoli dove si praticava il gioco d'azzardo.
L'operazione, avviata nel 2008, è scattata alle prime ore dell'alba e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della capitale, ha portato all'arresto per usura, estorsione e riciclaggio di 11 persone. Che si intrecciano con uno dei ''cold case'' più noti della recente storia italiana: il sequestro di Emanuela Orlandi. Ed è proprio dall'inchiesta del procuratore aggiunto Gian Carlo Capaldo sui legami tra la scomparsa della Orlandi con la Banda della Magliana che inquirenti hanno fatto luce sul gruppo di usurai.
Giuseppe De Tomasi detto "Sergione", secondo gli inquirenti a capo del gruppo finito in manette e storico componente della banda della Magliana, è il ''Mario'' che , il 28 giugno '83, sei giorni dopo la scomparsa di Emanuela telefonò a casa della famiglia della ragazza. Tra gli arresti c'è anche il figlio di De Tomasi, Carlo Alberto, che secondo una consulenza fonica sarebbe la persona che nel 2005 chiamò alla trasmissione ''Chi l'ha visto'' affermando che nella basilica di Sant'Apollinare era sepolto Enrico De Pedis, detto Renatino.
Il padre di Flavio Simmi, l'uomo ucciso a colpi di pistola nel quartiere Prati a Roma il 5 luglio scorso, conosceva Giuseppe De Tomasi, il boss dell'organizzazione criminale degli anni Settanta. Ma Capaldo, però ha voluto precisare che ''ciò non è uno spunto investigativo: gli ultimi fatti di cronaca, compreso l'omicidio in Prati, non sono oggetto di questa inchiesta anche perché rapporto tra il padre di Simmi, Roberto, e Sergione De Tomasi risale a molti anni fa''.
Una holding familiare. Nell'operazione, denominata ''Luna nel Pozzo", sono finiti in manette anche la moglie di ''Sergione'', Anna Maria Rossi, la figlia Arianna, la consuocera e il genero. Una struttura ''familiare'' in cui tutti avevano un ruolo preciso: dai semplici ''autisti'' a coloro i quali erano destinati a riscuote le somme dalle vittime. Una sorta di gruppo criminale tra congiunti basato su un imponente giro di usura e la gestione di sale da gioco. Questo aveva creato Giuseppe De Tomasi. ''Familiare'' anche il nascondiglio di parte del tesoro della banda: un cuscino dove sono stati trovati 30mila euro. ''In quell'occasione ci è sembrato strano - hanno spiegato gli inquirenti - il fatto che De Tomasi non mollasse mai il cuscino, anche quando si è accasciato per un malore''. La banda imponeva tassi usurai che raggiungevano anche il 5 per cento mensili. Tra le vittime imprenditori, uomini appartenenti alle forze dell'ordine e personaggi del mondo dello spettacolo.
''Si tratta di soggetti - ha spiegato Vittorio Rizzi, capo della mobile - costretti a chiedere prestiti anche per debiti di gioco. In base a quanto abbiamo accertato, De Tomasi sapeva calibrare le richieste rispetto alla disponibilità delle vittime: lo faceva per evitare il rischio di denunce''. Il figlio di Sergione, Carlo Alberto, gestiva tre sale da gioco a Roma che ora sono state poste sotto sequestro. ''I giocatori per fare fronte ai debiti si rivolgevano all'uomo per chiedere prestiti'', ha aggiunto Rizzi.
In totale sono circa 54 le perquisizioni effettuate e in particolare una, ancora in corso, presso l'abitazione della figlia di De Tomasi, Arianna, dove gli inquirenti sospettano sia nascosto il ''tesoro'' della banda. I conti correnti sequestrati sono 21, dieci gli immobili tra cui anche delle villette in costruzione. Le forze dell'ordine hanno posto sigilli anche a 10 autovetture e sequestrati le quote azionarie di 10 società.
Il ringraziamento alla squadra mobile e a tutti gli agenti impegnati nella maxioperazione è arrivato dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno. ''Si tratta di un duro colpo delle forze dell'ordine contro la criminalità, nello specifico l'usura e il riciclaggio nella Capitale - ha osservato il sindaco - con un'impressionante giro d'affari che ha coinvolto centinaia di vittime e che contava fra gli affiliati anche nomi già noti. Mi auguro che dopo questa operazione, preceduta da anni di indagini, vengano assicurati alla giustizia in modo definitivo gruppi criminali che hanno causato danni gravissimi alla città e ai suoi cittadini''.
L'operazione, avviata nel 2008, è scattata alle prime ore dell'alba e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della capitale, ha portato all'arresto per usura, estorsione e riciclaggio di 11 persone. Che si intrecciano con uno dei ''cold case'' più noti della recente storia italiana: il sequestro di Emanuela Orlandi. Ed è proprio dall'inchiesta del procuratore aggiunto Gian Carlo Capaldo sui legami tra la scomparsa della Orlandi con la Banda della Magliana che inquirenti hanno fatto luce sul gruppo di usurai.
Giuseppe De Tomasi detto "Sergione", secondo gli inquirenti a capo del gruppo finito in manette e storico componente della banda della Magliana, è il ''Mario'' che , il 28 giugno '83, sei giorni dopo la scomparsa di Emanuela telefonò a casa della famiglia della ragazza. Tra gli arresti c'è anche il figlio di De Tomasi, Carlo Alberto, che secondo una consulenza fonica sarebbe la persona che nel 2005 chiamò alla trasmissione ''Chi l'ha visto'' affermando che nella basilica di Sant'Apollinare era sepolto Enrico De Pedis, detto Renatino.
Il padre di Flavio Simmi, l'uomo ucciso a colpi di pistola nel quartiere Prati a Roma il 5 luglio scorso, conosceva Giuseppe De Tomasi, il boss dell'organizzazione criminale degli anni Settanta. Ma Capaldo, però ha voluto precisare che ''ciò non è uno spunto investigativo: gli ultimi fatti di cronaca, compreso l'omicidio in Prati, non sono oggetto di questa inchiesta anche perché rapporto tra il padre di Simmi, Roberto, e Sergione De Tomasi risale a molti anni fa''.
Una holding familiare. Nell'operazione, denominata ''Luna nel Pozzo", sono finiti in manette anche la moglie di ''Sergione'', Anna Maria Rossi, la figlia Arianna, la consuocera e il genero. Una struttura ''familiare'' in cui tutti avevano un ruolo preciso: dai semplici ''autisti'' a coloro i quali erano destinati a riscuote le somme dalle vittime. Una sorta di gruppo criminale tra congiunti basato su un imponente giro di usura e la gestione di sale da gioco. Questo aveva creato Giuseppe De Tomasi. ''Familiare'' anche il nascondiglio di parte del tesoro della banda: un cuscino dove sono stati trovati 30mila euro. ''In quell'occasione ci è sembrato strano - hanno spiegato gli inquirenti - il fatto che De Tomasi non mollasse mai il cuscino, anche quando si è accasciato per un malore''. La banda imponeva tassi usurai che raggiungevano anche il 5 per cento mensili. Tra le vittime imprenditori, uomini appartenenti alle forze dell'ordine e personaggi del mondo dello spettacolo.
''Si tratta di soggetti - ha spiegato Vittorio Rizzi, capo della mobile - costretti a chiedere prestiti anche per debiti di gioco. In base a quanto abbiamo accertato, De Tomasi sapeva calibrare le richieste rispetto alla disponibilità delle vittime: lo faceva per evitare il rischio di denunce''. Il figlio di Sergione, Carlo Alberto, gestiva tre sale da gioco a Roma che ora sono state poste sotto sequestro. ''I giocatori per fare fronte ai debiti si rivolgevano all'uomo per chiedere prestiti'', ha aggiunto Rizzi.
In totale sono circa 54 le perquisizioni effettuate e in particolare una, ancora in corso, presso l'abitazione della figlia di De Tomasi, Arianna, dove gli inquirenti sospettano sia nascosto il ''tesoro'' della banda. I conti correnti sequestrati sono 21, dieci gli immobili tra cui anche delle villette in costruzione. Le forze dell'ordine hanno posto sigilli anche a 10 autovetture e sequestrati le quote azionarie di 10 società.
Il ringraziamento alla squadra mobile e a tutti gli agenti impegnati nella maxioperazione è arrivato dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno. ''Si tratta di un duro colpo delle forze dell'ordine contro la criminalità, nello specifico l'usura e il riciclaggio nella Capitale - ha osservato il sindaco - con un'impressionante giro d'affari che ha coinvolto centinaia di vittime e che contava fra gli affiliati anche nomi già noti. Mi auguro che dopo questa operazione, preceduta da anni di indagini, vengano assicurati alla giustizia in modo definitivo gruppi criminali che hanno causato danni gravissimi alla città e ai suoi cittadini''.
fonte
http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/07/13/news/maxioperazione_su_usura_e_riciclaggio_capitali-19051467/?ref=HREC1-11