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  • CARA ITALIA,ECCO PERCHE' TI CONVIENE USCIRE DALL'EURO

    sabato 1 ottobre 2011


    Come ho già postato in varie occasioni, sono convinto assertore che la soluzione di uscire dall’euro è quella che può permettere all’Italia una ripresa della propria economia. Come primo capitolo mi dilungherò sulla Grecia, che per dimensioni del Pil (l’ultimo dato è ancora molto negativo –6,9%) è nettamente inferiore all’ Italia, mentre il debito, dopo l’entrata nell’euro è salito ormai a livelli proporzionalmente stratosferici.
    Trascurando per il momento questo aspetto, vediamo il percorso del piano di salvataggio messo in opera dal duo Merkel/Sarkozy per evitare il fallimento degli ellenici e, diciamolo chiaramente, per evitare forti perdite alle banche francesi e tedesche che hanno le maggiori esposizioni sul debito greco.
    Inizialmente hanno pensato che 110 MLD di euro fossero sufficienti per risolvere il problema greco, ma hanno perso una barca di tempo (ormai è chiaro a tutti che più si ritarda le decisioni, più il sistema debito si incancrenisce) a convincere gli altri paesi euro a partecipare con quote proporzionali al Pil di ciascun paese; Italia e Spagna hanno contribuito in maniera determinante, nonostante ambedue abbiano necessità impellenti di riduzione del proprio debito, mentre il loro sistema bancario, a differenza dei prima menzionati, hanno una bassa esposizione nei confronti del debito greco.
    Chiaro che questo primo pacchetto, andando a incidere sui debiti sovrani dei partecipanti, è tutto A CARICO DEI CONTRIBUENTI, inclusi noi italiani. Comunque sia, questo primo pacchetto è sparito nel nulla, è servito essenzialmente al rollover di debiti in scadenza che sono stati rinnovati a tassi superiori.
    Nel frattempo la  comprava titoli greci e portoghesi a sostegno, per alleggerire la pressione dei mercati e ritengo che ora se ne trovi una buona quantità nel portafoglio.
    Studia e ristudia, è arrivata quella che io chiamo “furbata” del secondo pacchetto di circa110-120 MLD di euro, dove la Merkel ha insistito per mesi che occorreva la partecipazione dei privati, cioè delle banche.
    Alla fine, sembra che quando il piano partirà (si dice a fine settembre) le banche parteciperanno con circa 50 MLD, cosi suddivisi:
    alle scadenze dei prossimi tre anni accetteranno il rimborso per 37MLD di titoli greci con uno sconto di circa il 20% del valore nominale (il valore di mercato non superava il 50%!!!) ma la presunta perdita del 20% sarà compensata con l’ emissione di nuove obbligazioni, scadenza 30 anni, a tassi ridotti ma con garanzia del fondo Esfs ( cioè dei contribuenti europei, anche di quelli già pesantemente indebitati) e rating AAA.
    Gli altri 13 MLD saranno concessi dalle banche per il rollover di titoli in scadenza con nuove scadenze a 30 anni a tassi agevolati da determinare, ma comunque sempre garantiti dal fondo Esfs. In sintesi le banche non ci rimettono, anzi ci guadagnano, dato che il prezzo dei titoli greci veleggia sul 50% del valore nominale ( che poi il 50% è un valore teorico, perché, se non fosse stato annunciato l’aiuto EU, si sarebbe verificato un default completo e i titoli greci sarebbero stati carta straccia o quasi).
    Gli altri 60-70 MLD saranno impiegati direttamente dal fondo (attenzione, in questo caso per la garanzia saranno utilizzati zero coupon a 30 anni, quindi il valore sborsato sarà nettamente inferiore ai 60-70 prima indicati), con la stessa procedura adottata dai privati e quindi anche questi vanno a salvare le banche esposte A SCAPITO DEI CONTRIBUENTIdegli stati sovrani EU.
    Circa 210 MLD per salvare le banche tedesche, francesi e inglesi.
    Ma nessuno si vuol rendere conto che la Grecia, è FALLITA COMUNQUE perché, dando pure per scontata qualche riduzione delle spese, per tornare competitiva, con quel poco che è rimasto dell’industria (si difende a denti stretti il turismo) e del settore agricolo, dovrebbe avere la possibilità di svalutare/ridurre enormemente i suoi costi per unità di prodotto.
    Se rimane nell’euro, dovrà richiedere tanti di quei sacrifici alla popolazione e alle aziende (per quest’ultime aumenterà, proporzionalmente alla riduzione dei prezzi e dei costi, il rischio di fallimento), con l’ elevato e altamente probabile pericolo che dopo nemmeno un anno rifiuteranno la situazione con una rivolta sociale.
    A quel punto probabilmente uscirà dall’euro, ritornerà alladracma supersvalutata, farà default e tutto quello che è stato finanziato per salvare le banche prima menzionate andrà…. in fumo.
    Sperando che la rivolta sociale non avvenga, si supponga che la situazione si mantenga stagnante; in tal caso è quasi sicuro che al prossimo controllo dei dati economico-finanziari del bilancio greco si riscontrerà un mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi se non un peggioramento (la disoccupazione ufficiale e tornata a salire oltre il 16%), sempre che non freghino un’altra volta con i dati.
    A questo punto l’EU, anche perché le pressioni politiche aumentano, sarà costretta a “convincere” la Grecia a uscire dall’euro, a meno che, per salvare quel benedetto credito delle loro banche, non decidano di “allattare il bambino vita natural durante”.
    Certo è che nelle dichiarazioni fatte oggi 16/8, al termine dell’incontro bilaterale Merkel/Sarkozy, si intravedono sempre maggiori probabilità di un graduale distacco delle nazioni del nord-europa da quelle del sud, nel qual caso la Grecia, prima o poi, sembra essere destinata a uscire dall’euro.
    Dato che l’esposizione delle banche franco-tedesche verso la Grecia non è poi una cifra così elevata rispetto agli assets totali delle stesse, se accettassero un rimborso parziale, Merkel e Sarkozy dovranno poi solo adoperarsi a trovare delle soluzioni interne per le proprie banche, ma è pensiero abbastanza comune che siano soluzioni abbastanza gestibili. D’altra parte quelle banche hanno finora preso fior di interessi dal debito greco!!!
    Chi si troverebbe in difficoltà sono le banche elleniche: con la svalutazione della nuova dracma si innescherebbe una fuga dei depositi (in gran parte, peraltro, già avvenuta) con conseguente necessità di nazionalizzare e ove possibile vendere la maggior parte del sistema bancario.

    E ora l’Italia

    Proviamo ora a sollecitare la nostra immaginazione trasferendo le considerazioni fatte sulla Grecia al nostro paese. Mi sembra opportuno iniziare con una intervista rilasciata da un imprenditore al quotidiano QN-La Nazione del 15/8.
    “ A me un po’ viene da ridere: vedo molti che si meravigliano perché il nostro Pil non cresce. E perché dovrebbe farlo? Dire che la ripresa è dietro l’angolo è una follia. O si ha il coraggio di DIFENDERE il lavoro italiano anche attraverso i dazi, oppure quello che è successo in questi anni è niente rispetto a quello che succederà.
    O le cose cambiano radicalmente e l’Europa difende il lavoro con una politica protezionistica o in poco tempo tutto crollerà e la Cina avrà il monopolio dell’economia mondiale, con una crisi sociale devastante nel vecchio continente.
    Non è un quadro catastrofista, a me pare un quadro realistico. Solo che nessuno ha il coraggio di dire cosa è successo davvero in questi dieci anni, nei quali l’Europa ha bruciato tutto quello che era stato fatto in un secolo.”
    Per inciso ho postato sul blog vari miei commenti con considerazioni analoghe; l’ultimo non più tardi di 3-4 giorni fa. Aggiungevo che l’Europa con la E…maiuscola è quella che dovrebbe prendersi carico di armonizzare gli squilibri attualmente esistenti fra gli stati che compongono l’euro, per poi ergersi contro le importazioni distruttive della Cina e di altri paesi asiatici.
    L’imprenditore continua:
    “ è successo che con lo scellerato accordo sul Wto, si è dato via libera ad un aumento spaventoso di prodotti importati dalla Cina ( aggiungerei ..e da altri paesi asiatici) senza una regolamentazione.”
    E alla domanda che molti sostengono che la Cina sia un’opportunità, risponde:
    “è una delle più grandi sciocchezze mai pensate. La Cina è una risorsa solo per i cinesi e per le multinazionali che (sfruttando i bassi costi, ndr) hanno accumulato fortune impressionanti, mentre il resto sta scomparendo. A me spaventa leggere che 10 aziende americane da sole abbiano una liquidità di 980 miliardi di $.”
    Credo che Gaolin abbia trovato un altro…collega..
    Altri passi interessanti: se il capitalismo è un male? Risponde:
    “Per carità. Ma una concentrazione così ristretta di ricchezza è un male peggiore del comunismo. Un super ricco può comprare dieci ville ma per far girare l’ economia è decisamente meglio che mille operai possano comprarsi mille piccoli appartamenti”
    Dopo varie disquisizioni su come applicare dazi, quote e controlli all’ importazioni, pone come obiettivo finale quello di mantenere i posti di lavoro e il potere di acquisto degli operai europei.
    E su una presa di posizione forte dell’Europa:
    “l’Europa è una barca (sconquassata aggiungo io) dove il capitano (leggasi Germania) tutela i suoi interessi. Noi siamo solo marinai e ci fanno restare sotto coperta.
    Vedo che in Europa tutti i paesi all’interno dell’euro hanno un Pil che fatica a crescere, mentre, ad esempio, la Svezia vola. E’ solo un caso?”
    E sulla manovra :
    ” è stata una necessità imposta dalla Bce, ma dal punto di vista della ripresa non si vede niente. Inoltre, quando un’azienda privata è in crisi di liquidità, o ricapitalizza o vende i suoi assets per diminuire il debito. Lo Stato dovrebbe avere il coraggio di vendere. Con la zavorra di un debito così alto, illudersi di ripartire è un’utopia.

    Non so se sono riuscito con questi due capitoli (Grecia e intervista all’ imprenditore) ad evidenziare la contraddizione a cui stiamo andando incontro: da una parte una manovra lacrime e sangue (sempre che basti!!!) per ridurre il debito e nel frattempo mettiamo la testa sotto terra,come gli struzzi, e contribuiamo con una ventina di MLD di euro a salvare il portafoglio delle banche tedesche, francesi e inglesi.
    L’aiuto che ci sta dando la Bce con l’acquisto di titoli del Tesoro è solo un palliativo temporaneo e comunque condizionato veramente dalla paura dei “capitani” prima menzionati che un ulteriore deterioramento dei tassi italiani o spagnoli porti a far saltare l’euro; comunque è l’ammontare della manovra (giusta o sbagliata che sia, a secondo dei punti di vista) e il suo anticipo che ha colpito i mercati e ci ha permesso di ridurre lo spread sul bund. Detto per inciso, non sono così sicuro che lo snobbismo verso i paesi del sud Europa mostrato oggi dal duo Merkel/Sarkozy non abbia, domani, effetti negativi sui mercati finanziari.
    Tornando al punto cruciale, per rendere più competitiva la nostra economia occorrerebbe ridurre prezzi e costi (un avanzo primario intorno al 4% e una almeno in pareggio), ma è un percorso improbo perché le aziende dovrebbero ridurre i margini per contrastare i prodotti cinesi e asiatici importati con un dumping sfacciato ma, dovendo contemporaneamente far fronte all’esposizione con le banche, rischierebbero molto probabilmente la bancarotta.
    E l’Europa non ci aiuta, perché le sue più importanti aziende attivano potenti lobbies per difendere le loro esportazioni nei paesi asiatici e le loro delocalizzazioni (da cui reimportano a costi più bassi). Per inciso ci sono anche diverse aziende italiane, alcune importanti, che operano importando buona parte delle merci prodotte in paesi a basso costo (con basso costo s’intende non solo il costo della mano d’opera, ma anche le agevolazioni finanziarie e fiscali).
    Con la deindustrializzazione avvenuta in Italia in tutti i campi industriali a partire dai primi anni novanta, con la disgregazione della Fiat che aveva un fior di portafoglio diversificato in settori diversi dai tradizionali auto, camion e trattori, con le cessioni della chimica e della siderurgia, con le continue delocalizzazioni si sono persi centinaia di migliaia di posti di lavoro, difficilmente recuperabili se non si interviene con provvedimenti drastici. Come dice l’imprenditore intervistato, occorre frenare l’emorragia con ogni mezzo, soprattutto quei mezzi che non piacciono alla ghenga del Wto o alle lobbies tedesche.
    Purtroppo il tessuto industriale italiano non offre aziende ad alto contenuto tecnologico di dimensioni significative, salvo alcune note società nel dolciario/alcolici o nei componenti auto o nell’abbigliamento o nel calzaturiero; sono poche e si arriva a contarle, se va bene, con le dita di due mani.
    Abbiamo in compenso una ottima tradizione nella meccanica e nel macchinario in generale, ma non sono prodotti barrierati da una elevata tecnologia e quindi, con il tempo, saranno facilmente copiati. Nell’edilizia, uno dei punti forti del paese fino a tre anni fa, si cominciano a sentire scricchiolii sempre più forti; abbiamo ancora il turismo che, fra mille difficoltà e una fortissima concorrenza, riesce ancora a difendersi forte della sua storia e delle sue tradizioni.
    Ma occorre sottolineare che per il 2011 ci stiamo avvicinando ad una bilancia commerciale negativa per 30 MLD di euro !!!!!!
    La domanda è semplice: fatta la manovra (e magari una successiva a corollario della prima e della seconda), vogliamo continuare con questo andazzo o ci adoperiamo per riportare i posti di lavoro in Italia????
    (questa battuta Bersani, dopo aver asciugato gli scogli, cercherà di copiarmela).
    E i grandi soloni dell’EU, i “capitani”, si decidono a difendere l’Europa e i suoi operai, oppure con il loro egoismo lasciano che la situazione si deteriori ulteriormente tal che anche l’Italia e gli altri paesi mediterranei raggiungano l’ormai defunta Grecia??????
    Poi, più tardi, potrebbe toccare anche a loro… come sta toccando agli USA… Proviamo solo a dire che usciamo dall’euro e “vedrete l’effetto che fa”. Ma se usciamo, affronteremo due anni di ulteriori lacrime e sangue, nazionalizzeremo le banche, ci aumenterà il costo delle importazioni energetiche, ma le nostre aziende, quelle che sono rimaste, riprenderanno in breve nuova linfa e un livello competitivo più accettabile.
    Senza trascurare che potremmo mettere fine, senza legami con altre nazioni, al vergognoso dumping che stanno effettuando cinesi, asiatici e multinazionali.
    Chiudo riprendendo le parole dell’imprenditore
    “O le cose cambiano radicalmente e l’Europa difende il lavoro con una politica protezionistica o in poco tempo tutto crollerà e andremo incontro ad una crisi sociale devastante nel vecchio continente”.

     
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