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  • SCONTRI 15 OTTOBRE,TRA I BLACK BLOC IL FIGLIO DI UN FUNZIONARIO DELLA BANCA D'ITALIA.

    giovedì 20 ottobre 2011

    TRA I 20 ARRESTATI FIGURA UN BLACK BLOC DAL PAPA' ILLUSTRE.SI TRATTA DEL FIGLIO DI UN FUNZIONARIO DELLA BANCA D'ITALIA.



    Genova - Lo hanno fermato, come si dice in ambienti giudiziari, in flagranza di reato, mentre lanciava sassi contro la polizia. Accusa di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, annessa comunicazione ai familiari. Ed è a quel punto che, in questura, hanno strabuzzato gli occhi. Perché uno dei protagonisti della guerriglia che ha incendiato per ore le strade della Capitale, a un primo accertamento, risulta figlio d’un funzionario della Banca d’Italia. Istituzione nel mirino di tutti, Indignati e black-bloc, ancorché con forme diametralmente opposte.
    È solo uno dei dettagli che comincia a filtrare mentre accelerano le indagini sugli scontri fra “neri” e forze dell’ordine. Da due giorni ormai ininterrottamente in primis la Digos, ma pure il Ros dei carabinieri, lavorano infatti sul campo per dare un volto ai violenti e decifrare nel limite del possibile quel che è accaduto. Fissando un po’ di paletti: un segnale preciso ha rappresentato il la all’inferno, le devastazioni erano praticamente previste e in parte ritenute inevitabili, la presenza degli stranieri non era così massiccia come preventivato e però ne è rimasto qualche segno inquietante.

    Chi sono, i venti fermati? Hanno tutti meno di trent’anni (dodici quelli finiti in carcere, altri otto denunciati a piede libero), cinque i romani, uno originario di Lecce ma studente a Bologna, uno di Brindisi, uno di Catania, in parte noti agli investigatori per fatti legati alla piazza, uno già segnalato per la partecipazione a un rave. Sei sono minorenni, quattro le donne. Fra i residenti nel Lazio, ma il dettaglio dello screening sarà più approfondito oggi, figurerebbe il figlio del bancario. Il quale, messo alle strette, non avrebbe negato la partecipazione a parte della guerriglia. Gli interrogatori saranno completati entro mercoledì, sebbene il numero degli indagati sia comunque destinato a salire: «Una decina di frame - è la conferma che arriva da più di un investigatore - è molto interessante, e nel giro di qualche giorno potrebbe rivelarci svariate identità. Solo il tempo d’isolarli e inviarli nelle principali questure per i riconoscimenti».

    C’è stato un momento preciso, ritengono Digos e Procura, nel quale i violenti hanno deciso di alzare il tiro dopo i primi saccheggi. Di radunarsi insomma nel cuore del corteo pacifico, che nella loro testa doveva trasformarsi in involontario scudo poiché inattaccabile dalla polizia: «Hanno sollevato una bandiera con uno smile giallo - spiegano gli inquirenti - e subito dopo sparato un fumogeno. Da quell’istante chi non aveva preso parte alle prime scaramucce, ha capito che doveva convergere verso gli altri incappucciati. E così è stato»

    Non c’è più molto mistero, ormai, su quali siano stati gli alfieri dell’attacco frontale a vetrine, agenti e carabinieri. Dal centro sociale “Acrobax” di Roma all’“Askatasuna” di Torino (in prima linea pure nei cortei no Tav, che hanno a loro volta incendiato la tensione a ridosso dei cantieri piemontesi nei mesi scorsi); senza dimenticare il “Gramigna” di Padova e l’ormai conclamata saldatura con gruppuscoli ultrà perlopiù meridionali e frange dell’ultradestra. E la presenza degli stranieri, su cui si è favoleggiato a lungo? Una qualificata fonte investigativa, ancora ieri sera, la metteva giù semplice: «Ridottissima, in quanto il clou è stato in mano agli italiani. Ripercorrendo tuttavia le strade teatro dei blitz più duri, abbiamo trovato e fotografato scritte in greco, spagnolo e francese. Il che non vuol dire ci fossero greci a guidare la protesta estrema, ma un richiamo ai fatti di Atene evidentemente sì».

    La gestione dell’ordine pubblico è stata impallinata da più parti, nelle ultime ore. Ma davvero il questore Francesco Tagliente e il prefetto Giuseppe Pecoraro si limitavano a generici «timori» che potesse accadere il peggio? «In realtà - ripete oggi uno dei poliziotti rimasto per ore in trincea - le avvisaglie andavano tutte in una direzione; riferivano cioè d’una pianificazione dettagliatissima del disastro (gli antagonisti in arrivo dal nord Italia avrebbero trovato ospitalità dai compagni romani, e da questi sono stati forniti pure di mappe). Si è semplicemente scelto di privilegiare a qualunque costo cinque obiettivi: palazzo Grazioli (dimora del premier), palazzo Chigi (sede del governo), Montecitorio (Camera), palazzo Madama (Senato) e palazzo Koch (Banca d’Italia). Partendo dal presupposto che un po’ di danni sarebbero stati inevitabili, che poteva andare persino peggio e che con il black bloc nel cuore del serpentone pacifico, non sarebbe stato possibile fare altro».

    http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2011/10/17/AO6KiXEB-black_funzionario_bankitalia.shtml

     
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