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    domenica 29 luglio 2012

    Intervista con il costituzionalista Francesco Clementi: «Per capire gli scandali occorre conoscere i meccanismi interni».



    Giacomo Galeazzi - Città del Vaticano
    «Per capire gli attuali scandali, bisogna comprendere il funzionamento del Vaticano». Il costituzionalista Francesco Clementi, docente di diritto pubblico comparato all’università di Perugia e firma della rivista «Il Mulino», ha dedicato alla Santa Sede numerosi saggi.
    Professore, su un piano costituzionale il Vaticano è una monarchia assoluta?

    «Se consideriamo la teorica sulle forme di Stato e di governo, e i criteri e le caratteristiche che, nel corso del tempo, la dottrina e il costituzionalismo hanno delineato,

    lo Stato della Città del Vaticano certamente rientra nell’ambito delle cosiddetta monarchie assolute, ossia di quelle forme politico-giuridiche che si caratterizzano per una centralizzazione incontestata cioè, appunto, «ab-soluta» del potere, senza limiti e garanzie precostituite. Non vi sono tecnicamente pesi e contrappesi che giuridicamente possano vincolare il potere e le azioni del Papa. Il Papa è, a tutti gli effetti, un monarca assoluto: libero di decidere, senza limiti».

    Quanto conta il Segretario di Stato?

    «I limiti di operatività del Segretario di Stato vaticano sono strettamente definiti dal mandato che riceve dal Papa e, ovviamente, dalla sua capacità ,dentro quel perimetro d'azione, di realizzare al massimo le volontà del Papa. In questo senso è davvero un rapporto fiduciario di grande responsabilità, basato sulla massima attenzione, cura e tutela delle volontà del pontefice. In ragione di ciò, la discrezionalità del Papa nella scelta e nella rimozione del Segretario di Stato è massima; come suo primo fiduciario e collaboratore, il Papa ha tutto il diritto di rimuoverlo quando vuole, liberamente e in modo del tutto pure unilaterale, senza cioè dover coinvolgere “de jure” nessuno soggetto, neanche il collegio cardinalizio. Il miglior sistema di pesi e contrappesi rimane la capacità (che un Papa non può non avere) di ascolto e di attenta riflessione prima di decidere, a maggior ragione, se le scelte papali sono aiutate e accompagnate da adeguati e disinteressati consigli».

    Nella vicenda del dimissionamento di Gotti Tedeschi dallo Ior, Bertone ha esercitato poteri che gli competevano?

    «La mia valutazione, in merito, nasce dalla lettura dei giornali e non si basa, come converrebbe e sarebbe d'obbligo, sulla lettura dei documenti che hanno poi portato alle dimissioni di Gotti Tedeschi. Tuttavia, anche in linea con quanto dicevo, la misura del comportamento del Segretario di Stato, anche in questa vicenda, può essere individuata esclusivamente nel rispetto o meno del mandato ricevuto dal Papa. Si potrà capire meglio la vicenda, che indubbiamente ha fatto molto male per favorire una nuova credibilità internazionale dello Ior, solo leggendo la documentazione. Il Papa ha voluto con grande forza l'impegno di Gotti Tedeschi nel favorire il pieno e consensuale ingresso dello Ior nel circuito bancario internazionale, basato, sempre più su regole di trasparenza e di certificazione, come le caratteristiche Moneyval delineate dal Comitato di esperti del Consiglio d'Europa per la valutazione delle misure di lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, ad esempio, indicano".

    Il Vaticano si sta adeguando davvero alle norme anti-ricicalggio?

    "La scelta del Papa di favorire l'introduzione anche in Vaticano di norme antiriciclaggio sullo stampo delle normative internazionali per favorire l'inserimento dello Ior nella "white list" dei Paesi "virtuosi" è un chiaro segno della volontà del Pontefice di superare le molte resistenze, presenti anche nella stessa Chiesa, che si annidano da più parti per cancellare le zone grigie del passato. L’Istituto per le Opere di Religione (IOR), non è una banca ma un istituto privato, creato nel 1942 da papa Pio XII che, con sede nella Città del Vaticano, ha il compito di “provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo IOR medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità. In questo senso, l'Istituto può accettare depositi di beni da parte di Enti e persone della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, secondo quanto stabilisce il suo statuto. Per l’ordinamento canonico, lo Ior viene considerato una persona giuridica che svolge attività finanziaria, e dunque è un ente pontificio".

    A chi risponde il Pontefice?

    «Nella sua veste di Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, il Papa non risponde a nessuno. Nella sua veste, invece, di vertice del credo cattolico, oltre a Dio, risponde naturalmente a tutti i fedeli, cioè al popolo di Dio. La «macchina», tanto quella dello Stato della Città del Vaticano quanto quella della Santa Sede, può frenare e rallentare decisioni che non condivide, mettendo un po’ di sabbia nel motore. E’ un modo del tutto fraudolento di tradire la fiducia papale e l’obbedienza cieca alle sue decisioni. Tali comportamenti non sono improduttivi di effetti per i trasgressori delle volontà papali, tanto sul piano del diritto canonico quanto sul piano del diritto interno vaticano. Al tempo stesso, ed è la prassi consueta, la struttura istituzionale, in primis i cardinali, possono far conoscere al Papa il proprio pensiero, anche dissenziente. E’ ben noto l'uso di lettere private indirizzate al Papa per segnalare il proprio punto di vista, a maggior ragione se esso abbia come obiettivo un problema grave che, nell'ottica dello scrivente, dipende direttamente dal Papa. Dal punto di vista giuridico, nessuno ha poteri di controllo riguardo all’operato del Papa. Dal punto di vista religioso, tutti i cardinali, oltre che tutti i fedeli, possono esercitare una sorta di "moral suasion" rispetto al suo operare. Ma nulla di più».

    fonte

     
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