di Emanuele Canegrati
L'Italia è sempre più vicina al fallimento. Da qualche giorno gli investitori internazionali hanno cominciato a scommettere seriamente su questa possibilità. Se ne è accorto anche il New York Times, di solito poco interessato a parlare della situazione economica italiana sulle sue pagine. Per l'autorevole quotidiano americano, l'Italia sarebbe la candidata a succedere alla Spagna nella triste classifica delle prossime nazioni destinati al fallimento. Non è da poco che la stampa internazionale ha voltato le spalle a Monti, valutandolo non in grado di risollevare i destini economici del Belpaese. Inoltre, gli investitori stranieri sono sempre più restii a rischiare l'acquisto di titoli di debito pubblico italiano, dal momento che tale rischio si fa giorno dopo giorno sempre più elevato. Il Tesoro deve emettere più di 35 miliardi di euro di titoli ogni mese, più della produzione annuale di ciascuno dei tre membri più piccoli dell'euro, Cipro, Estonia e Malta e, con gli spread vicini ai 500 punti base il costo del finanziamento è davvero improbo.
Avevamo scritto giorni fa che il governo non ha più strumenti per combattere l'aumento degli spread, per rifinanziare il debito e quindi per sottrarre l'Italia al medesimo destino che ha infierito sulla Grecia e che sta abbattendosi in questi giorni anche sulla Spagna e che solo un intervento esterno potrebbe (il condizionale è d'obbligo) sottrarci da un ulteriore crollo dell'economia. Monti continua a sostenere che i conti italiani sono in ordine, in realtà sa benissimo che, se per conti in ordine si deve intendere il raggiungimento del pareggio di bilancio, questo obiettivo verrà fallito. L'aumento della componente interessi sul debito pubblico legata all'aggravarsi della situazione spread, il terremoto in Emilia che ha colpito un'area che produceva circa l'1% del Pil nazionale, il buco di bilancio che si è venuto a creare a seguito dell'eccesso di ottimismo nella previsione delle entrate tributarie, sono tutti elementi che lasciano presagire come l'obiettivo imposto a livello europeo verrà mancato.
Tra gli altri problemi, quello più attuale per l'Italia è dovuto alle aspettative negative che si sono ingenerate tra gli investitori esteri, per effetto delle quali esiste una percezione ormai diffusa che se qualcosa di negativo accade alla Spagna, questo dovrà necessariamente accadere anche all'Italia. Letto tra le righe, se la Spagna fallisce, l'Italia la segue. Molti investitori che investono non su singoli paesi ma su macroaree, tendono a fare un parallelismo tra le due nazioni, senza tenere in considerazione che delle differenze in termini di fondamentali macroeconomici e finanziari esistono. La capacità di reazione a una crisi dell'Italia è di gran lunga superiore a quella della Spagna, il cui periodo d'oro ha vissuto solo sugli effetti di una bolla speculativa dell'immobiliare, senza avere una struttura produttiva lontanamente paragonabile a quella del Belpaese e senza avere un solido sistema creditizio come quello italiano. Inoltre, il tasso di disoccupazione di Madrid è più del doppio rispetto a quello di Roma, così come il valore del rapporto deficit pubblico/Pil.
Eppure, l'Italia in questo momento viene reputata uguale alla Spagna e quindi rischia il fallimento non tanto perché la sua economia è malata, come malata lo è davvero, ma più semplicemente perché esiste una profezia, che in economia si definisce "autorealizzantesi", per effetto della quale se una cosa deve andare male andrà male davvero solo perché tutti credono che andrà male e quindi si comportano di conseguenza. Se i cittadini iniziano a credere in massa che presto le banche italiane falliranno si recheranno di corsa a ritirare i loro depositi, prima che la banca rimanga senza soldi (è la corsa agli sportelli avvenuta in Grecia e Spagna) e vendono i loro titoli di Stato nella paura che possano ritrovarsi tra le mani carta straccia, come carta straccia erano i bond argentini quando il paese sudamericano andò in default finanziario. Questi due fenomeni non avvengono in un lungo orizzonte temporale, bensì in pochi giorni, addirittura ore, se la credenza di un fallimento è forte tra la popolazione. E' bene quindi che ci si attrezzi a pensare a questa opportunità.
Questa considerazione non vuole creare terrorismo psicologico, ma solamente constatare che il mondo accanto a noi ci dà già per falliti e che, siccome il nostro destino dipende in questo momento da loro e non dal nostro governo, la cui capacità di intervento è ormai esaurita, non bisogna dare per scontato che l'Italia venga abbandonata a sé stessa.
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