All'Università di Reggio Calabria il figlio di un boss della Ndrangheta si comportava da padrone assoluto, arrivando a dare 9 esami in 41 giorni. Oggi è stato arrestato per associazione per delinquere di stampo mafioso.
Riuscire a superare all'Università 9 esami in 41 giorni è un’impresa degna di un novello Albert Einstein. E’ invece cronaca, delle più sporche. Antonio Pelle, figlio di un pericoloso boss della Ndrangheta, era un vero e proprio ‘VIP” alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Reggio Calabria. Grazie alle amicizie con il personale del corpo docente, amministrativo e studentesco aveva complessivamente sostenuto 22 esami, tra cui tre Laboratori strutturati in 8 diversi moduli. Il giovane, nel bimestre giugno/luglio 2009 sarebbe riuscito a superare ben 9 esami in soli 41 giorni "Pelle Antonio" – è scritto nelle carte d'indagine - "vantava molte conoscenze all'interno del corpo docenti della Facoltà di Architettura ed era in possesso dei numeri di cellulare aziendali e privati di alcuni professori che era solito contattare per ottenere informazioni o chiedere cortesie".
Un docente ha fatto mettere a verbale che "All'interno della Facoltà si parlava di Pelle Antonio come uno studente di "livello meno che mediocre" ed in possesso di "un cognome legato alla 'ndrangheta" Tutti, insomma, avevano rispetto o paura del giovane Pelle. Anche, perché, riferiranno le persone ascoltate “i ragazzi con cognomi importanti come Pelle, Strangio o Nirta, se presi per il verso sbagliato, tentano di distruggere l'immagine del docente e rovinano il clima di un intero corso". Pelle, quindi, si comportava come il padrone dell'intera area universitaria: "Un giorno" – racconta uno dei docenti - ho visto una macchina di grossa cilindrata dalla quale era sceso Pelle ed altri individui dall'aspetto non molto raccomandabile; la macchina in questione parcheggiò davanti al portone dell'ingresso principale della Facoltà, posto dove nessuno ha il permesso di parcheggiare, poggiando le ruote addirittura sul marciapiede e disturbando l'ingresso anche dei pedoni". Oggi il giovane Pelle è finito in carcere per il il reato più grave e temuto: l'associazione a delinquere di stampo mafioso.
Chissà cosa penserà, leggendo questa notizia, la mamma di Lucia, la neolaureata di Cosenza che si è suicidata nei mesi scorsi perchà non riusciva a trovare un lavoro consono al percorso di studi fatti oppure Azzurra, la ragazza che per un anno ha cercato inutilmente lavoro a Catanzaro. Una società civile e avanzata avrebbe impedito a certi soggetti di avere spianato il percorso di studi solo perchè figli di boss mafiosi, come se questo fosse titolo di merito che darebbe diritto a privilegi e vantaggi. Invece si è consentito a questi soggetti di fare i padroni all'Università con buona pace di tutti i discorsi retorici sul fatto che esse debbano essere i luoghi dove si deve formare la classe dirigente di un Paese. Questa vicenda è indice del livello del sudiciume morale a cui si è arrivati in questo Paese, il quale non ha più la forza di indignarsi e si appassiona a seguire le vicende di calciatori e ragazze svestite, mentre tutto va a rotoli.
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