Ebbene, nonostante tutte le rassicurazioni dei nostri fantasisti economici, quelli che ci hanno ripetuto per mesi che l’Italia stava meglio, che la crisi era dietro le spalle, negli ultimi giorni pare che qualcosa non vada più per il verso giusto.
Quelli che hanno voluto credere alle favolette se ne sono accorti ieri, quando l’indice della borsa italiana è crollato proprio mentre il nostro superministro dell’economia era intento in amena conversazione con i superdirigenti economici dell’Europa. Formalmente era una riunione nella quale si doveva discutere del futuro della Grecia, visto che ormai si stanno tutti orientando verso un default pilotato, data l’impossibilità di salvare la Grecia, a meno che non si spalmi il debito su chi lo ha effettivamente creato, cioè le banche, ma su questo fronte tutti fanno orecchie da mercante. Quindi stanno cominciando ad allentare la corda per vedere cosa accadrà in Grecia.
Accantonato, più o meno, il discorso Grecia, subito si è posto un altro discorso, cioè il prossimo della lista degli Stati in via di default. E lì tutti a guardare di sottecchi il rappresentante italiano che si sarà sentito un po’ sulla graticola. Ma del resto sono mesi, se non anni, che l’Europa ci invita a diminuire il pesante debito, e nel corso del 2011 ci hanno anche detto a muso duro che stavolta non avrebbero accettato i soliti pannicelli caldi oppure il giochetto delle tre tasse, metti una togli due per capirci. E noi? Come se nulla fosse, il presidente del Consiglio pensa agli affetti di famiglia, il ministro economico taglia sulle parole, tutto come prima. E la borsa affonda!
Quelli che hanno voluto credere alle favolette se ne sono accorti ieri, quando l’indice della borsa italiana è crollato proprio mentre il nostro superministro dell’economia era intento in amena conversazione con i superdirigenti economici dell’Europa. Formalmente era una riunione nella quale si doveva discutere del futuro della Grecia, visto che ormai si stanno tutti orientando verso un default pilotato, data l’impossibilità di salvare la Grecia, a meno che non si spalmi il debito su chi lo ha effettivamente creato, cioè le banche, ma su questo fronte tutti fanno orecchie da mercante. Quindi stanno cominciando ad allentare la corda per vedere cosa accadrà in Grecia.
Accantonato, più o meno, il discorso Grecia, subito si è posto un altro discorso, cioè il prossimo della lista degli Stati in via di default. E lì tutti a guardare di sottecchi il rappresentante italiano che si sarà sentito un po’ sulla graticola. Ma del resto sono mesi, se non anni, che l’Europa ci invita a diminuire il pesante debito, e nel corso del 2011 ci hanno anche detto a muso duro che stavolta non avrebbero accettato i soliti pannicelli caldi oppure il giochetto delle tre tasse, metti una togli due per capirci. E noi? Come se nulla fosse, il presidente del Consiglio pensa agli affetti di famiglia, il ministro economico taglia sulle parole, tutto come prima. E la borsa affonda!
Tale reazione si potrebbe considerare un giudizio sulla qualità della manovra (immaginate voi quale!), dalla quale manovra escono interessanti chicche d’autore. Fermo restando che la manovra è ancora tutta in divenire, per cui quello che dirò sarà sicuramente smentito tra 3 minuti, comunque alcune misure sono sintomatiche della direzione presa.
Ad esempio, si è proposto l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, dal 12,5% al 20% (ricordiamo che i redditi da lavoro sono tassati più o meno al 30%), misura subito accantonata. Chissà perché!
Poi si è pensato all’aumento dell’imposta di bollo sul conto titoli. Tanto per capirci, se investiamo in titoli di Stato, bot, cct e simili, dobbiamo avere un conto titoli sul quale paghiamo (oltre alla tassa sui titoli) una tassa, che è oggi di 34,2 euro. L’idea era di aumentarla a 120 euro per il 2011, che diventano 150 dal 2013 per i conti con depositi inferiori ai 50.000 euro, e 380 per quelli superiori.
Sembra bello a leggerlo, ma facendo un po’ di conti è una imposta che premia chi ha più soldi, ma, soprattutto, va a gravare su coloro che finiscono per investire i loro risparmi scegliendo da sé il tipo di investimento. Quindi, un regalino per le banche invogliando gli investimenti in conto di deposito. Questo per farci capire da che parte sarà tirata la sempre più corta coperta italiana.
Del resto, se la matematica non è un’opinione, considerato gli accordi che abbiamo con l’Europa, dovremo tagliare circa 800 miliardi a partire dal 2015, che vuol dire circa 40 miliardi l’anno per 20 anni. Un compitino piuttosto pesante per chi siederà sulla poltrona di Tremonti dal 2015 in poi.
Con queste prospettive è facile capire che ci attendono 20 anni di vacche magre.
Ad esempio, si è proposto l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, dal 12,5% al 20% (ricordiamo che i redditi da lavoro sono tassati più o meno al 30%), misura subito accantonata. Chissà perché!
Poi si è pensato all’aumento dell’imposta di bollo sul conto titoli. Tanto per capirci, se investiamo in titoli di Stato, bot, cct e simili, dobbiamo avere un conto titoli sul quale paghiamo (oltre alla tassa sui titoli) una tassa, che è oggi di 34,2 euro. L’idea era di aumentarla a 120 euro per il 2011, che diventano 150 dal 2013 per i conti con depositi inferiori ai 50.000 euro, e 380 per quelli superiori.
Sembra bello a leggerlo, ma facendo un po’ di conti è una imposta che premia chi ha più soldi, ma, soprattutto, va a gravare su coloro che finiscono per investire i loro risparmi scegliendo da sé il tipo di investimento. Quindi, un regalino per le banche invogliando gli investimenti in conto di deposito. Questo per farci capire da che parte sarà tirata la sempre più corta coperta italiana.
Del resto, se la matematica non è un’opinione, considerato gli accordi che abbiamo con l’Europa, dovremo tagliare circa 800 miliardi a partire dal 2015, che vuol dire circa 40 miliardi l’anno per 20 anni. Un compitino piuttosto pesante per chi siederà sulla poltrona di Tremonti dal 2015 in poi.
Con queste prospettive è facile capire che ci attendono 20 anni di vacche magre.
Per fortuna oggi la borsa sembra si sia ripresa, rispetto a ieri, almeno così dicono molti entusiastici commentatori.
Sarà, ma dando una fugace occhiata all’indice di borsa, sembra di capire che dal 2007 l’economia italiana ha cominciato a divergere da quella Usa (e quindi mondiale). Entrambe hanno trovato un minimo nel 2009, ma successivamente l’economia americana ha ripreso la sua corsa, mentre noi, dopo un debole accenno di ripresa, ci siamo definitivamente fermati al palo. E se già partiamo in queste condizioni, pensiamo a cosa accadrà nei 20 anni di tagli forzati.
Sarà, ma dando una fugace occhiata all’indice di borsa, sembra di capire che dal 2007 l’economia italiana ha cominciato a divergere da quella Usa (e quindi mondiale). Entrambe hanno trovato un minimo nel 2009, ma successivamente l’economia americana ha ripreso la sua corsa, mentre noi, dopo un debole accenno di ripresa, ci siamo definitivamente fermati al palo. E se già partiamo in queste condizioni, pensiamo a cosa accadrà nei 20 anni di tagli forzati.

Buona crisi a tutti!