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    I corrotti e i tassati - Marco Travaglio

    sabato 23 luglio 2011

    'Diaz' il film che nessuno vuole

    Sono scappati tutti: Rai, Mediaset, distributori, banche, istituzioni, privati. La pellicola della Fandango sul massacro del G8 è oggetto di un incredibile boicottaggio. E la produzione si è rifugiata a Bucarest. La denuncia del regista
    Daniele VicariRoma, quartiere Portonaccio. Sono in uno studio cinematografico per preparare "Diaz" e non avendo uno spazio per le prove con gli attori mi rivolgo al centro sociale Zona Rischio a pochi metri di distanza. Risposta: "Leggiamo in un comunicato del Comitato verità e giustizia che Fandango per produrre il film collabora con la Polizia, non siamo disponibili".

    Resto senza fiato. Chiedo un colloquio con gli occupanti, vorrei capire fino in fondo. Accettano. A Cannes Domenico Procacci ha annunciato il via alle riprese, e ha aggiunto di non voler fare il film pregiudizialmente contro la Polizia, ma di aver chiesto un incontro con il prefetto Manganelli. Il Comitato verità e giustizia, con un automatismo stupefacente, ha emesso un comunicato durissimo accusandolo di aver fatto "analizzare" la sceneggiatura a Manganelli ma non a loro. I ragazzi del centro sociale sono ospitali e mi fanno molte domande. Non ho mai voluto parlare in pubblico del film perché sono troppo coinvolto, è un film difficile, e non voglio inutili discussioni. Ho incontrato tante persone travolte dalla vicenda, fortemente segnate. Il primo colloquio con Lorenzo Guadagnucci, uno dei firmatari del comunicato, mi ha convinto ad approfondire la ricerca. Lorenzo è una figura pubblica, ha scritto libri e articoli sulla Diaz.

    Avevo bisogno di parlare con chi ha taciuto. Così ho incontrato decine di persone presenti nella scuola,
    i loro avvocati, magistrati, giornalisti e anche poliziotti, seguendo uno schema di lavoro personale che ha portato me e Laura Paolucci a scrivere un film complesso. Perché non ho incontrato ufficialmente il Comitato? Perché ho preferito parlare con le persone singolarmente, anche quelle meno considerate: i tedeschi e i francesi, per esempio. Questo è il mio lavoro e serve per fare un film non un processo contro o a favore di qualcuno. Ma cosa racconterò? Non vicende private, farò un film corale con 140 personaggi ispirati alla realtà ma con nomi di fantasia.

    Perché Procacci parla con la Polizia? Perché è un produttore, e chiunque in Italia (in Europa) faccia film raccontando Polizie o Forze Armate, per avere mezzi, divise o solo autorizzazioni deve farlo. Comunque fino ad oggi non c'è stata risposta: nessun incontro con Manganelli, nessuna collaborazione di alcun tipo e ormai è tardi, ci siamo organizzati. Procacci inoltre è un uomo libero e può permettersi di parlare con chi vuole, lasciando la sua libertà immutata. E anch'io, fino a prova contraria. Il problema è che "Diaz" è un film che in Italia nessuno vuole: nessun distributore, nessuna televisione, nessun finanziatore, nemmeno le banche e, ironia della sorte, ora anche il Comitato di verità e giustizia non è sicuro di volerlo. La cosa mi intristisce, ma credo faccia parte del prezzo che nel nostro Paese si paga sempre per la propria indipendenza di giudizio. L'entusiasmo e l'ammirazione che il progetto suscita fuori dall'Italia mi conforta non poco.

    I ragazzi di Zona Rischio sono impegnati nelle lotte per l'acqua pubblica, alcuni fanno teatro e sono stati a Genova nel 2001 e su quel G8 hanno messo in scena spettacoli. I loro testi li condividono con il movimento? No! Mi chiedono se ho ancora bisogno dello spazio. Peccato, non più. Ci lasciamo con la voglia di tornarci su ma uno di loro mi fa una domanda: "Che si può fare per eliminare certe distorsioni? Per uscire dalle secche di certe discussioni intestine?". La domanda apre un baratro nella mia coscienza, non riguarda solo i centri sociali, riguarda l'intero Paese. L'unica cosa seria che mi viene è questa: essere spietati anche con noi stessi, non solo con gli altri. E poi mettersi in gioco davvero.
    Ma io sono un regista, e il mio compito è fare un buon film, evitando l'impasse in cui si può cadere quando si affrontano temi controversi: mediando per motivi produttivi con tutte le parrocchie, si finisce per non convincere nessuno, men che meno gli spettatori. Non è facile essere all'altezza del compito, ma vorrei almeno provarci.
    Daniele Vicari è regista e sceneggiatore. Ha diretto "Il passato è una terra straniera" e "Velocità massima"

    FONTE

    G8 Genova: I numeri delle sentenze

    venerdì 22 luglio 2011


    A quanto pare i tagli quest’anno vanno per la maggiore. Pure nelle sentenze per i fatti del 2001 durante il G8 a Genova.
    Processo a carico delle forze dell’Ordine sui fatti del G8 alla scuola Diaz
    2001-2008= 7 anni per arrivare ad oggi

    29 (imputati) – 16 (assolti) = 13 condannati
    108= totale degli anni di condanna chiesti dall’accusa (da distribuire sugli imputati) per i fatti del g8, precisamente quelli accaduti alla Diaz
    35 anni e 7 mesi= il totale di anni di pena inflitti complessivamente a carico dei 13 ritenuti condannabili dal tribunale di Genova
    32 anni e 6 mesi condonati= 2 anni e mese di condanna effettiva
    Inchieste parlamentari serie sui fatti di quei giorni = 0
    Processo a carico dei Manifestanti No-global sui fatti del G8
    25 (Imputati) – 1 (assolto) = 24 condannati
    225= totale degli anni di condanna chiesti dai Pm (da distribuire sugli imputati) per i fatti del G8, devastazioni e saccheggio.
    102= anni di condanna effettiva complessiva distribuita su tutti gli imputati
    da 6 mesi ad 11 anni= le pene inflitte agli imputati
    Processo a carico delle forze dell’ordine per i fatti della caserma di Bolzaneto
    Per le violenze alla caserma di Bolzaneto poi erano stati chiesti 80 anni, ne sono stati inflitti 2445 gli imputati.30 assolti, 15 condannati. Grazie a indulti e prescrizioni nessuno è finito in galera.
    Ah, c’è pure un morto. Colpevole o meno, resta sempre morto, ah, e ci sono le decine di feriti tra i manifestanti pacifici, e quelli picchiati e torturati a Bolzaneto, e quelli picchiati e accusati ingiustamente alla Diaz. Insomma un sacco di numeri, se la vogliamo mettere così. Resta sempre la mia idea che non è possibile sia stato tutto solo frutto di ordini interpretati male, e anche le indagini lo hanno accertato, ma non hanno punito. Se ci siano stati grandi disegni oscuri sotto non ci “è dato saperlo”. Ma con questa sentenza il ciclo si chiude. E di quei giorni non è stato chiarito nulla. Questa è la verità. Nel resto del mondo si continuano a fare inchieste giornalistiche, da noi non ne è stata fatta nemmeno una, dovuta, parlamentare. Un’altra occasione persa.

    Operazione trasparenza - Diritti umani e polizia in Italia:Firma l'appello di Amnesty International

    giovedì 21 luglio 2011

    Nel decimo anniversario del G8 2001, che ebbe luogo a Genova dal 19 al 21 luglio, Amnesty International constata con disappunto che le centinaia di vittime delle gravi violazioni dei diritti umani compiute in quei giorni da funzionari e agenti delle forze di polizia non hanno ottenuto piena giustizia, anche a causa della mancanza del reato di tortura nel codice penale e di misure di identificazione degli agenti durante le operazioni di ordine pubblico, come l'uso di codici alfanumerici sulle uniformi. 
    Diversi casi emersi nei 10 anni trascorsi da quegli eventi hanno continuato a chiamare in causa le responsabilità delle forze di polizia, confermando l’urgenza di misure legislative e istituzionali per la prevenzione delle violazioni. La condanna in appello per omicidio colposo degli agenti ritenuti responsabili della morte di Federico Aldrovandi durante un fermo nel 2005; la sentenza per omicidio volontario dell’agente di polizia stradale che nel 2007 esplose il colpo di pistola che uccise Gabriele Sandri; i procedimenti in corso per la morte di Aldo Bianzino, Giuseppe Uva e Stefano Cucchi mentre si trovavano in stato di custodia; le accuse di lesioni, aggressione, sequestro di persona e calunnia agli agenti della polizia municipale che tennero in stato di fermo Emmanuel Bonsu; sono fatti che dovrebbero interrogare profondamente le istituzioni italiane e che confermano l’urgenza di misure legislative e istituzionali per la prevenzione degli abusi.

    Le forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti umani in ogni paese: hanno, tra le proprie responsabilità, quelle di ricevere denunce su abusi dei diritti umani, svolgere le indagini e garantire il corretto svolgimento delle manifestazioni, proteggendo chi vi partecipa da minacce e violenze. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il riconoscimento delle responsabilità e una complessiva trasparenza.

    Amnesty International chiede agli stati di assicurare che le forze di polizia operino nel rispetto degli standard internazionali sull’uso della forza e delle armi, diprevenire violazioni dei diritti umani e di assicurare indagini rapide e approfondite e procedimenti equi per l’accertamento delle responsabilità, quando emergano denunce di violazioni.

    In Italia mancano tuttora importanti strumenti per la prevenzione e la punizione degli abusi, quali organismi di monitoraggio sul rispetto dei diritti umani e sui luoghi di detenzione, misure di identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico e la previsione del reato di tortura nel codice penale.



    A 10 anni dal G8 di Genova,ricordiamo quei giorni attraverso le testimonianze video.Per non dimenticare mai.



    Il 17 luglio 2001, due giorni prima che oltre 200.000 persone si ritrovassero a Genova per protestare contro il vertice del G8, Amnesty International chiedeva alle autorità italiane di proteggere i manifestanti, garantendo un uso legittimo della forza da parte di agenti della polizia.


    Tra il 19 e il 22 luglio, Genova divenne teatro di aggressioni indiscriminate da parte di agenti di polizia verso manifestanti pacifici e giornalisti durante i cortei, violenze ingiustificate nel raid alla scuola Diaz, arresti arbitrari e maltrattamenti nel carcere provvisorio di Bolzaneto, tra cui minacce di stupro e di morte, schiaffi, calci, pugni, privazione del cibo, dell'acqua, del sonno e posizioni forzate per tempi prolungati.
    La responsabilità delle forze di polizia è emersa in vari processi, ma le vittime degli abusi commessi a Genova non hanno ottenuto una piena giustizia. I processi sulla Diaz e Bolzaneto hanno riconosciuto in appello diversi funzionari dello stato (medici, carabinieri, agenti di polizia di stato e penitenziaria) responsabili di violenze, calunnie e falsi ma questi non hanno ricevuto punizioni adeguate, perché nel codice penale italiano manca il reato di tortura e per la prescrizione di reati minori. Molti pubblici ufficiali coinvolti nelle violenze non hanno potuto essere identificati perché avevano il volto coperto e sulle loro divise non erano presenti nomi o numeri identificativi.
    In questi 10 anni, inoltre, altri episodi hanno chiamato in causa le responsabilità dei corpi di polizia per l'uso delle armi e della forza, dalla morte di Federico Aldrovandi durante un fermo (2005) a quella di Gabriele Sandri, raggiunto da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia stradale (2007), alla morte in custodia di Aldo Bianzino (2007), Giuseppe Uva (2008) e Stefano Cucchi (2009), assieme all'aggressione e agli insulti razzisti denunciati da Emmanuel Bonsu, fermato da agenti della polizia municipale (2008).
    Amnesty International chiede all'Italia di cogliere questo anniversario come un'occasione per impegnarsi seriamente a combattere l'impunità e a fare in modo che l'operato delle forze di polizia sia trasparente.
    Le forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti umani. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il riconoscimento delle responsabilità e una complessiva trasparenza.
    L'Italia deve, pertanto, introdurre il reato di tortura nel codice penale, prevedere misure che permettano di identificare gli agenti durante le operazioni di ordine pubblico e istituire un meccanismo di monitoraggio sui diritti umani. 



    I VIDEO DEL RICORDO:AMNESTY PUBBLICA ALCUNI VIDEO CHE RIEPILOGANO I FATTI DEL G8

    Il filmato ricostruisce la violenta carica della PS contro i partecipanti alla piazza tematica della Rete Lilliput e l'arresto di due manifestanti spagnoli, poi archiviati.





    Il filmato (in presa diretta, 40 minuti circa) è parte della consulenza tecnica prodotta al processo Diaz, che ricostruisce le fasi della "perquisizinoe" operata dalla polizia al complesso scolastico Diaz.
    Nel dvd sono contenute le comunicazioni radio della Centrale Operativa PS, del 118, radio Popolare, radio Gap, ed le foto di maggiore interesse processuale (armi?, feriti, sangue).
    INFO www.processig8.org










    Il filmato (in presa diretta, 40 minuti circa) è parte della consulenza tecnica prodotta al processo 25, che ricostruisce le fasi della carica operata dai caribinieri sul corteo delle tute bianche.
    Nel dvd sono contenute le comunicazioni radio della Centrale Operativa PS ed le foto di maggiore interesse processuale (manganelli fuori ordinanza, lacrimogeni, feriti/arrestati).
    INFO www.processig8.org




    FONTE

    Genova G8: “Lo Stato chieda scusa”, settimana di manifestazioni per il decennale


    Un corteo alle manifestazioni del G8 di Genova - Foto:viveregenova
    “Ora lo Stato chieda scusa”. E’ l’appello rivolto da Vittorio Agnoletto al Presidente della Repubblica durante la conferenza stampa di presentazione delle iniziative del decennale del G8 di Genova del 2001. “Il Presidente della Repubblica è il garante della Costituzione. La stessa che fu sospesa e tradita dagli apparati dello Stato” - ha sottolineato l'ex portavoce del Genoa Social Forum. “Se i vertici delle Forze dell'Ordine e il Governo, che è lo stesso di allora, non hanno mai chiesto scusa agli attivisti malmenati al G8 del 2001, riconosciuti vittime innocenti da tutti i processi condotti fino ad oggi, il Presidente della Repubblica prenda un'iniziativa e faccia lui in questi giorni un gesto di scusa dello Stato italiano alle vittime innocenti di quei giorni” – ha aggiunto Agnoletto.
    “Nell'aprile 2008 consegnai a Napolitano un dossier dei processi. Mi rispose: 'Lei sa quali sono le mie competenze, non posso intervenire'. Oggi come rappresentante di tutti gli italiani potrebbe chiedere scusa alle vittime della violenza istituzionale consumatasi a Genova nel luglio del 2001. Sarebbe un atto estremamente importante nel pieno rispetto dei valori costituzionali e potrebbe contribuire ad attutire il dolore di una ferita ancora aperta” – ha proseguito Agnoletto. “Il movimento ha ricostruito la verità sulle aggressioni della Diaz e di Bolzaneto, aspetta verità sugli scontri di piazza, ma non ha ottenuto giustizia perché i responsabili sono ancora tutti al loro posto. E' per questo che il 20 o il 21 luglio, a dieci anni di quei sanguinosi eventi, sarebbe importante che il presidente della Repubblica si assumesse la responsabilità di rivolgergli un segno di scuse per lenire una ferita che risulta a tutt’oggi aperta”.
    L’ex portavoce del Genova Social Forum è intervenuto ieri a Genova nella Conferenza stampa di presentazione dell’ultima settimana delle attività per il decennale del G8 del 2001 che si apre oggi nel capoluogo ligure promosse dal Comitato Verso Genova 2011 sotto il titolo “Loro la crisi. Noi la speranza”. Sei giorni di seminari, piazze tematiche, mostre e concerti per dimostrare che a dieci anni dal G8 di Genova ciò che il movimento aveva predetto dieci anni fa si è poi di fatto realizzato. Ma anche per lanciare un messaggio chiaro di pacificazione alla città, ancora segnata dalle violenze di quei giorni.
    I processi dichiarano la nostra verità. E non ce n’è un’altra” – ha affermato Rita Lavaggi, portavoce del coordinamento Verso Genova 2001 che ha organizzato un mese di iniziative culturali che culmina con il corteo previsto per sabato prossimo. “L’obiettivo è quello di provare a riaggregare quello che è stato il movimento del 2001, capire cosa è cambiato e soprattutto incontrare le nuove realtà e le nuove generazioni che si muovono nelle piazze e nei conflitti in Italia, in Europa e in tutto il mondo. “Ai genovesi – ha aggiunto Lavaggi – che hanno ancora negli occhi le immagini del 2001 diciamo che per quanto ci riguarda saranno giornate di festa e che possono stare tranquilli perché oggi i processi dichiarano la nostra verità. Il nostro obiettivo è quello di costruire una memoria collettiva che lenisca le ferite di quei giorni” – ha concluso la portavoce del coordinamento.
    Dopo un mese ricco di eventi pubblici, oggi si è aperta la settimana conclusiva della manifestazione: conferenze, tavole rotonde e mostre che focalizzano l’attenzione sulle vertenze che, dal luglio genovese 2001 ad oggi, hanno tenuto vivo un movimento di contestazione al paradigma di sviluppo liberista. Le iniziative si concluderanno sabato 23 luglio con una manifestazione che partirà nel pomeriggio da Piazza Montano.
    Il 19 luglio di dieci anni fa si apriva il G8 di Genova e una serie di manifestazioni. Quel giorno sfilò, pacificamente, il primo corteo “alter-globalista” e dei migranti: 50 mila persone, una festa. Il 20 luglio, invece, cambiò tutto, fino alla morte di Carlo Giuliani, 23 anni, colpito da un colpo di pistola, una Beretta in uso al carabiniere Mario Placanica e agli scontri di piazza, l'irruzione alla Diaz e alle violenze di Bolzaneto.
    “È un lascito, quello che ci resta oggi del G8 di Genova, appiattito e incastrato nella dicotomia 'polizia– black bloc'. Una dicotomia che produce concetti contrapposti assoluti e assolutamente falsi: tutti torturatori i poliziotti, tutti violenti i manifestanti” –commenta Riccardo Noury di Amnesty Italia nel suo blog sul sito del Corriere nel quale esplicita una serie di domande inevase, le cui risposte non è stato possibile trovare nei procedimenti giudiziari e che avrebbero, invece, potuto provenire da una commissione indipendente d’inchiesta, invano sollecitata da Amnesty International. Anche Noury chiede “una parola pubblica di scuse da parte dei vertici della Polizia: un’ammissione che qualcosa a Genova nel 2001 andò male, molto male, sarebbe fondamentale. Quella parola si fa ancora attendere, e il decimo anniversario di quelle giornate potrebbe essere un’occasione importante per pronunciarla”.
    Amnesty International ha lanciato perciò l'appello "Operazione trasparenza - Diritti umani e polizia in Italia" nel quale chiede alle princinpali cariche dello Stato "una condanna esplicita e delle scuse verso le vittime, per le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di polizia a Genova nel luglio 2001" e di "adoperarsi affinché siano garantite indagini rapide e accurate e processi equi in tutti i casi in cui emergano denunce di violazioni dei diritti umani da parte delle Forze di Polizia".
    In proposito va ricordato che il programma dell’Unione per le elezioni politiche del 2006 prevedeva l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti di Genova, "per i quali ancora oggi non sono state chiarite le responsabilità politica e istituzionale (al di là degli aspetti giudiziari)". La proposta di legge di istituire tale commissione di inchiesta è stata votata il 30 ottobre 2007 in prima commissione alla Camera, ma è stata respinta (22 voti a favore e 22 contrari) a causa del voto contrario della Casa delle Libertà, dell'Udeur e di Italia dei Valori, oltre all'assenza dei deputati della Rosa nel Pugno. Il leader dell'Italia dei Valori, Antonio di Pietro, ha motivato il voto del senatore IdV Carlo Costantini dichiarando di non voler avallare un'inchiesta finalizzata ad indagare unicamente sull'operato delle forze dell'ordine e non anche su quello dei manifestanti. Nonostante tale voto, accolto con rabbia e sconcerto da parte da alcuni dei partiti componenti la maggioranza di governo, l'allora presidente del consiglio Romano Prodi annunciò che la commissione d'inchiesta sui fatti del G8 di Genova avrebbe dovuto essere istituita perché “è un impegno preso con il programma di governo che non intendiamo disattendere”.

     
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